Sapeva bene quanto la passione dell’alpinismo solitario fosse pericolosa. 

Ma sono sicuro che Diego, come tutte le persone che hanno un’enorme passione per ciò che fanno, da solo in montagna, non ricercasse la morte bensì la vita; ciò che amava e lo faceva stare bene. 

Diego conquistava l’inutile. E si potrebbe pensare che conquistare l’inutile sia un’apparente dichiarazione di un fallimento. E invece è un’azione gratuita densa di dignità, diversa dalle logiche quotidiane. Nemmeno lontana, ma oltre le nostre quotidianità. È grazie a quel gesto nobile che si mette a rischio la vita. 

Affrontava asperità inaudite Diego, riusciva ad affrontare fatiche immani. Poi ci si vedeva, e lui descriveva quella quotidianità di un’impresa che nulla aveva di quotidiano. Oltrepassava il limite per toccare quella cima. Per poi semplicemente, ridiscendere. 

Al momento non mi è di grande consolazione pensare che la morte più bella per un amante della montagna sia cadere da una parete. Ma sono anche certo che il mio amico Diego Zanesco ora è contento, lassù. Ma poi mi spiace per lui perché poteva ancora trasmettere tanta sana passione per le terre alte…

Diego Zanesco amava scalare in solitaria e ieri la via non era particolarmente difficile, ma Dio l’ha voluto con sé, lui ora non c’è più. 

Diego aveva la capacità di apprezzare il bello. Si lamentava dei rumori delle auto e delle moto nelle nostre Dolomiti ma era leggero; con quel suo sorriso, sempre di buon umore, riusciva a coinvolgerti, a prenderti con sé. Quando parlavi con Diego tutto sembrava facile. Non ha mai fatto sfoggio delle cose incredibili che faceva. 

Un giorno mi trovavo in sosta su una palestra: ci apprestavamo a fare il tiro di corda seguente. Mentre assicuravo il mio compagno di cordata, sento, inconfondibile, la voce di Diego: “Michil, Michil!”. Mi giro. Già, era lui. Lo saluto, e vedo che era arrivato fino lì, a 50 metri di altezza, slegato. E scalzo. Ho iniziato a tremare: la parete era di grande difficoltà (per me). Lo prendo per un braccio e gli dico: “Diego, cosa fai?!” E lui, come fosse la cosa più normale di questo mondo, in mezzo a quella parete senza appigli mi dice: “Ho visto che partivi, sono salito a salutarti”. Mi dona un sorriso e ridiscende. Scalzo e slegato. 

Questo era Diego. Era di un altro mondo, profondamente spirituale. 

Diceva:

“Dovunque tu sia, ascolta il silenzio che è sempre ricco di voci bellissime.” 

“Oggi dedichiamo questa giornata all’ascolto e alla comprensione. Forse ogni comportamento è causato da motivazioni personali che noi tendiamo a giudicare. Ma forse nemmeno noi abbiamo la verità in tasca. Di certo Gesù e Buddha erano sulla buona strada.” 

“Per oggi lascia pascolare i tuoi cinque sensi in piena libertà! E ricorda che  “tutte le strade portano alla felicità. Dio è ovunque.”

“Troppo di troppo. Ma siamo tutti colpevoli, ma anche tutti ricchi di soldi e sempre più poveri dentro. Mi piace trovare la pace in Dolomiti e curare il silenzio. Alcuni cristiani, tanti anni fa si sono ritirati nel deserto diventando incredibili mistici. Erano dei rivoluzionari.”

“Chi è ancora in grado di ascoltare e riflettere? Riusciamo a fermarci ed a osservare? Riusciamo a contemplare? Che cos’è la consapevolezza? Che tu abbia una fantastica domenica!”

Tutto questo diceva e mi scriveva Diego.

Avremmo dovuto andare insieme sul Sassolungo. Con lui dovevo fare il Grossglockner la settimana prossima. E poi avevamo in programma tante belle cose. E ora Diego non c’è più. 

Michil Costa