“Vivere le Dolomiti senza limiti”: ecco lo slogan lanciato da Ski.it, il consorzio che raccoglie Funivie Folgarida Marilleva, Madonna di Campiglio e Pinzolo. Lo potevamo leggere in una pagina pubblicitaria del Corriere della Sera. Le immagini fanno il racconto, come tutto in questa epoca di troppa poca lettura e conoscenza passiva: famiglia sorridente, Dolomiti sullo sfondo, parole come “incluso” che si ripetono compulsivamente, a stimolare piccole gocce di dopamina per il cervello. L’apoteosi avviene però con “Dolomeet Passion”: neologismo a caso, giusto per darsi un tono. Questa pagina di marketing spinto – di quello che chiamano in gergo “see and feel” “vedi e senti” – mi lascia perplesso.
Il sottotitolo “Vacanza esclusiva con impianti inclusi” è l’ennesimo gioco di parole che pretende di unire esclusività e accessibilità universale, come se le due cose debbano necessariamente essere compatibili. Una vacanza che raccontano essere per tutti (sul modello Roccaraso – dove il diritto alla gita sembrava necessario), ma esclusiva (viva i portafogli pieni di chi arriva, no?). Tutto è inclusivo, ma poi, possiamo davvero permetterla questa esclusività?
Per molti, evidentemente, la montagna va svenduta, sasso dopo sasso, come sta accadendo con Venezia. Eccolo il pornoturismo: l’ambiente naturale – perché di questo parliamo – trasformato in prodotto da scaffale.

Capisco l’intento dello slogan: promuovere l’uso degli impianti, riducendo quello dell’auto privata. Tuttavia l’invito a “Vivere le Dolomiti senza limiti” è un abisso comunicativo che giustifica i movimenti fucktourism (ancora un neologismo) contrapposti al fastourism (altro neologismo, ne facciamo collezione).
Abbiamo assoluto bisogno di limiti… e che siano limiti giusti, magari dibattuti pure aspramente, e poi -umanamente- condivisi. Il limite è una forma di rispetto, il contrario di un’imposizione di metodo alle possibilità. Il mondo ha conosciuto l’illuminismo, il rinascimento, l’oggettivismo e l’edonismo reaganiano… ora siamo nell’era del “me-stessismo” – ciò che piace a me, ciò che io “voglio”, che “merito”, deve poter essere. Altro che infinite possibilità: abbiamo necessità di limiti come atto d’amore; perché il limite è la soglia che custodisce, non che impedisce. La comunicazione turistica è dentro la promessa assolutistica del “se io pago è mio e prendo quello che voglio”: il tutto in forma di reel. Vero signor Bezos?
E così da custodi ci trasformiamo in consumatori, da pellegrini a colonizzatori e spogliatori.

La natura è un dono e va meritato e accolto. Non siamo bambini che rompono il giocattolo e poi piangono. Maria Montessori ci ha insegnato che l’ambiente è il terzo maestro, dopo il genitore e l’insegnante. E le montagne sono aule viventi, paesaggi in cui ritrovare noi stessi e ascoltare: il vento, il silenzio, le voci interiori. Le montagne non impongono, piuttosto propongono e suggeriscono, lo fanno con pazienza: ci ricordano che ogni vetta si conquista un passo alla volta e di certo non con le flip-flop ai piedi.
Un turismo senza regole è una forza distruttrice. Trasforma l’ambiente in merce, la comunità in servizio, l’ospitalità in servitù. Ma esiste un turismo rigenerativo, non per consumare, ma cura per il mondo. Un turismo possibile che accenda la vita culturale, sociale, economica, fatto con e attraverso la relazione che stabilisce una connessione: io sono ospite della natura, non il suo padrone, e sono grato di poterne essere parte. Le comunità devono saper accogliere e anche dire no e quando il no è forte è condiviso deve essere rispettato.
Basta con lo slogan “senza limiti”. Basta con il turista-cliente che ha sempre ragione solo perché paga; bisogna avere il coraggio di dire cose impopolari anche se in questo tempo dire qualcosa di impopolare ti fa magari arrestare o portare in giudizio.
E se ci manca la saggezza saranno le montagne a giudicarci e lo fanno già ora, con tante tragedie che in maniera indiretta stiamo causando in questo antropocene spogliativo.
Perché la luce, quella vera, non è mai cieca. E i limiti, quelli veri, sono il primo atto d’amore verso la vita.
.m
