Restate a casa! E chi a casa ha solo un computer e deve dividerlo con altri tre? E chi quando fa le flessioni a casa occupa lo spazio di chi dovrebbe cucinare? E per chi casa significa violenza? E chi la casa non ce l’ha perché vive sotto un ponte con il viadotto come soffitto?
Se non riesco a ridere due volte di seguito per la stessa barzelletta, perché piango continuamente per lo stesso dolore?
Se ora mi vien voglia di invitare a pranzo il vicino di casa, che fino a un mese fa non sopportavo, è perché forse sono io che non mi sopporto più?
I quotidiani bollettini di guerra sono opportuni o fuorvianti? La catastrofe innaturale che ci sta succedendo è negligenza o era davvero tanto imprevedibile?

Autorevoli riviste scientifiche avevano dedicato ampi spazi alla pandemia in arrivo: la WHO e Bill Gates si mobilitarono invano. Barack Obama nel 2015 chiese una simulazione per l’arrivo di una pandemia. Trump, che ora si scaglia contro la WHO, invece la reputò una spesa superflua. Per le istituzioni è più facile intervenire nell’emergenza che operare in una silenziosa prevenzione. Però esiste un management post-crisi, una pianificazione strategica di lungo corso? Abbiamo incontrato un orso e ci siamo arrampicati su un albero, ma dopo come faremo a scendere? L’esagerato individualismo lascerà il posto a un pensare comune? I forti diventeranno ancora più forti, i più deboli più deboli?

Con le tante domande che ho faccio fatica a vedere una luce in fondo al tunnel. Non ci saranno più risorse per contrastare il cambio climatico, non ne rimarranno per fronteggiare la fame nel mondo, e quando ci saranno altre emergenze pandemiche avremo esaurito anche l’ultimo cent. La miccia è corta, e come affermano la Banca Mondiale e l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) da anni, il riscaldamento globale aumenta la moltiplicazione delle pandemie tropicali. La deforestazione ci mette in contatto con animali potenzialmente pericolosi. L’allevamento intensivo facilita la diffusione di epidemie. Lo scongelamento del permafrost diffonderà ancora epidemie. Non è mica una novità!

Il male è profondissimo, è la sua radice che dev’essere curata. Non basterà lavarsi le mani e dotarsi di mascherine per il prossimo futuro, curare solo il sintomo non basterà. Non può esserci un capitalismo davvero praticabile senza un ripensamento completo del modo in cui produciamo e consumiamo. Dobbiamo attuare le trasformazioni che finora sembravano inimmaginabili a chi continua a guardare al futuro guidando la “supercar” del capitalismo in retromarcia. La reindustrializzazione verde, accompagnata da una rilocalizzazione di tutte le nostre attività umane è priorità assoluta. Se non ci mettiamo in testa che l’economia non è più produttiva solo perché è più operosa e più globalizzata, non ne usciremo. Fin quando non ci occuperemo di tutti gli esseri viventi su questo pianeta, fin quando non studieremo scientificamente il loro stato di consapevolezza, le loro velleità, la loro sofferenza, le loro gioie, fin quando non li comprenderemo, non vedremo luce in fondo al tunnel.

Senza un forte sistema di servizi pubblici non sarà possibile costruire un nuovo capitalismo solidale e non c’è futuro senza una visione solidale del sistema in cui viviamo. Dovremo reinventarci con nuove forme cooperative, nuove e più efficienti economie di bene comune. Esemplare quella degli scienziati che si sono coordinati spontaneamente per mettere in comune le informazioni sulle buone pratiche di screening dei virus.

Ho tante, troppe domande, ma una cosa so: non è tempo di guerra, è tempo di cura! Facciamo la nostra parte per trovare le luci in fondo al tunnel: diventiamo luce!

michil


Consigli per approfondire il contenuto di questa mia lettera:

L’opera di Primo Levi, Se questo è un uomo
Il film di Ermanno Olmi, L’albero degli zoccoli
Il TED talk di Bil Gates: La prossima pandemia? Noi siamo pronti.
Il sito dell’Integovernmental Panel on Climate Change: www.ipcc.ch