I tecnici cacciatori trasformati in sparatori.

di Luigi Casanova, portavoce di Mountain Wilderness

In questi giorni iniziano i confronti pubblici nelle sessioni forestali, un appuntamento annuale che permette ai cittadini di conoscere nel dettaglio come vengono gestiti i beni comuni pubblici, boschi e pascoli in modo particolare. In troppi comuni trentini le giunte comunali hanno preparato l’elenco delle cosiddette “Strade forestali di arroccamento”, cioè quelle strade che saranno aperte al transito degli esperti cacciatori e in modo, definiamolo come è, con termine forte, ipocrita, ai disabili. Un numero consistente di comuni ha inserito nell’elenco tutta la viabilità forestale, perfino le piste secondarie, perfino traccioli che portano su piste di sci.
Mentre tante amministrazioni pubbliche anche in Trentino chiudono i centri abitati al traffico privato, ai cacciatori si apre in modo sconsiderato il transito nei boschi. E questo accade proprio nell’anno internazionale che l’ONU ha dedicato alle foreste.
Non ci voleva tanta scienza nel capire che il nuovo regolamento sulla gestione delle strade forestali avrebbe avuto effetti sconvolgenti sull’ecosistema forestale.
Come non ci voleva tanta scienza nel sapere che questo regolamento sarebbe passato nelle giunte come un evento liberatorio, come una merce di scambio clientelare con i cacciatori, un vero e proprio mercato.
Siamo arrivati a livelli di ottusità che hanno dell’incredibile: riserve del Primiero che chiedono il transito su strade forestali di comuni fassani e di Fiemme.
Sono questi i segnali concreti, sotto il profilo culturale e della sensibilità, che dimostrano come il conflitto aperto fra cacciatori e ambientalisti non abbia responsabilità in chi difende la natura e gli animali. Che i veri integralisti sono i cacciatori, che muri sempre più armati con i fatti vengono innalzati dal mondo venatorio: un mondo sempre più egoista, sprezzante delle regole e di altre sensibilità, un mondo incapace di ascoltare le ragioni della natura e di chi non pensa come loro.
Sono questi i segnali (accanto alla delegificazione dell’eliturismo in montagna e nella gestione dei beni forestali) che dimostrano come la Provincia Autonoma di Trento, da anni ormai, non abbia alcuna credibilità sul piano della sensibilità ambientale. Siamo cittadini di una Provincia e di un apparato politico-amministrativo estremamente efficiente nel recepire come slogan le nuove normative in tema di gestione ambientale, di sviluppo sostenibile (vedi Trentino Marketing), tanto da trasformare questi obiettivi in slogan, in marchi turistici, ma poi nei fatti, dimostra di essere in balia degli appetiti più egoisti, di chi impone ancora oggi la logica dell’interesse privato sul bene pubblico.
Siamo cittadini di una Provincia, che nulla ha da insegnare ad altre aree d’Italia su come si tutela l’ambiente, su come si costruisce politica di conservazione attiva. Quanto sta accadendo sul fronte venatorio è solo un tassello dell’insieme più complesso di attacco e consumo del territorio sostenuto nella Provincia: Metroland, aree sciabili, viabilità stradale. Certo, questo 2012 non inizia nel migliore dei modi. E visto l’articolarsi del confronto nello scorso mese e le risposte ricevute sembra proprio non vi siano spazi per un confronto costruttivo degli ambientalisti con chi va a caccia con la cultura del mordi e fuggi, cioè dello sparatore.