A PIÙ DI 20 ANNI DALLA FONDAZIONE DI “S.O.S. DOLOMITES” CHE HA OTTENUTO RISULTATI PREZIOSI, DOVEROSO MANTENER ALTA LA GUARDIA
Il turismo, che è alla base della nostra economia, deve rispettare l’ ecosistema

Notoriamente le valli dolomitiche vivono soprattutto di turismo, in particolare di quello invernale. Questo fatto, però, ha comportato che spesso le amministrazioni comunali e provinciali in primis sottovalutassero le regole sull’ambiente, quasi come non esistessero. Nonostante siano stati istituiti parchi naturali e nazionali, nonostante le varie norme e i molti sani principi sventolati ai quattro venti prima di ogni elezione per tutelare le aree a rischio, si continua ad andare avanti con deroghe su deroghe. Questa mancanza di rispetto per l’ambiente da parte di alcuni politici e della classe imprenditoriale e la leggerezza dimostrata sui temi sociali hanno “creato” una società particolarmente insensibile, oltre alle questioni ambientali, anche a quelle culturali. Il “menefreghismo” generale nei confronti della collettività, la scarsità di senso civico nelle zone economicamente più sviluppate non possono che accentuare il peso dei particolarismi e degli interessi privati dei singoli. Il rischio è che il paesaggio dolomitico venga sempre più deturpato da cementificazioni e progetti “selvaggi” che non seguono più l’interesse della collettività, ma affari privati che chi ha il dovere politico e morale di controllare non riesce più a frenare. Da qui nascono nuove iniziative per un turismo maggiormente sostenibile e lungimirante, sulla scia di quelle promosse dai movimenti ambientalisti, come “S.o.s. Dolomites”, nati proprio negli anni Settanta e Ottanta, quando il settore turistico aveva assunto dimensioni senza precedenti. Già allora il proposito principale era quello di sensibilizzare la popolazione, imprenditori e investitori affinché riflettessero sull’incommensurabile disparità di valore tra la natura e la cartamoneta. Il gruppo “S.o.s. Dolomites” divenne coordinatore dei gruppi ambientalisti dell’area ladina e, prima di avviare qualsiasi iniziativa, si premurò di analizzare attentamente la situazione di ogni valle e paese, confrontandola con quella di altre località di montagna. Dopo aver individuato gli sviluppi negativi che accomunano gli abitanti delle zone di montagna, “S.o.s. Dolomites” partì nel 1988 con la raccolta di firme per impedire tutte le iniziative che rischiavano di provocare danni irreparabili nell’area dolomitica. In poco più di un mese furono raccolte 28.000 firme, la maggior parte presso turisti che concordavano con l’organizzazione ambientalista nel voler conservare intatto un patrimonio naturale mondiale come le Dolomiti. Seguirono manifestazioni di protesta e informative in numerose località a nord e a sud delle Alpi. Continuarono ad arrivare per posta messaggi di solidarietà, tanto da superare ben presto le 54.000 firme. Forte di questo appoggio, “S.o.s. Dolomites” ottenne un primo incontro con il ministro all’ambiente Giorgio Ruffolo e in seguito con altri funzionari ministeriali addetti alla tutela ambientale che esaminarono attentamente tutta la documentazione fornita. In quella sede furono definite diverse aree da porre sotto tutela ambientale e venne varata la proposta di istituire appositi parchi naturali. Il risultato più immediato ottenuto dall’organizzazione ambientalista fu quello di impedire la realizzazione dei 27 impianti previsti intorno al monte Pelf e il relativo collegamento con l’Alta Badia attraverso il Sief. L’area in questione divenne parco naturale. Anche il progetto di costruire impianti per il collegamento tra Plan de Corones e l’Alta Badia passando attraverso il giogo di Rit e gli stupendi prati dell’Armentara dovette essere accantonato, come quello per il carosello intorno al Sassolungo. “S.o.s Dolomites” e le organizzazioni ambientaliste di cui si mise a capo non hanno fermato gli sviluppi negativi, ma le loro idee e il loro modo di vedere la natura sono entrate – almeno per un certo periodo – a far parte del programma dei partiti politici, non necessariamente “verdi”. Per qualche tempo, parte degli imprenditori si è adattata a perseguire obiettivi alternativi, puntando più a un turismo di qualità che non di quantità. Oggi, considerando i nuovi progetti che rischiano di distruggere fauna e flora di zone ancora intatte, sembra che molti siano nuovamente prede della volontà incondizionata di espansione. Si rende dunque necessaria una nuova azione di sensibilizzazione verso l’ambiente, la società e la cultura, per conservare un patrimonio senza pari che i ladini hanno ereditato gratuitamente dai loro avi. I “Verdi” sono dunque tornati “di moda”, come Michil Costa che, andando in giro per tutto l’Alto Adige sotto un costume da rana, ha voluto far notare e puntare il dito contro progetti inappropriati e smisurati, almeno per quanti dicono di amare e rispettare la natura e le persone.


Werner Pescosta, insert provinzial dl Corriere della Sera: Corriere dell’Alto Adige, Corriere del Trentino, Corriere delle Alpi, 21.10.2008